Cos’è davvero il teatro, se non la rappresentazione della realtà? Anche con commedie e personaggi inventati è comunque uno specchio della società portato sul palco. Il teatro ci sbatte in faccia la verità, quella che troppo spesso non notiamo, o che preferiamo ignorare.
È con questo che il Teatro Bellini di Napoli inaugura la sua stagione teatrale, con “Morte accidentale di un anarchico”, un’opera che invita a riflettere, a comprendere e a guardare con occhi nuovi. Uno spettacolo che lascia il pubblico con la mente accesa e piena di domande.
Considerata una delle opere più iconiche del teatro italiano del Novecento, “Morte accidentale di un anarchico” di Dario Fo e Franca Rame mette in scena, una delle vicende più controverse della storia italiana recente. La trama ruota attorno al personaggio di un matto, affetto da “istriomania”, (il bisogno irrefrenabile di assumere diverse identità), che si muove all’interno di una questura.
La “morte accidentale” del titolo fa riferimento alla tragica scomparsa di Giuseppe Pinelli, anarchico milanese “precipitato” nel 1969 da una finestra della questura di Milano mentre era sotto interrogatorio per la strage di Piazza Fontana. Con quest’opera, Dario Fo non si limita a rievocare un caso giudiziario, ma scava dentro un’epoca piena di ambiguità, di tensioni sociali e istituzionali, dove i confini tra verità e manipolazione risultano spesso sfumati.
Tutta la commedia è attraversata da una tensione anarchica, non solo nei contenuti ma anche nella forma teatrale scelta da Fo. La riscrittura continua del testo nel corso degli anni e i numerosi processi, affrontati in tutta Italia, testimoniano quanto questa storia fosse ancora scomoda.
Il riso diventa però un’arma potente: non solo distrae o diverte, ma scuote, disarma, coinvolge. Il pubblico non assiste passivamente, ma si ritrova dentro l’azione, quasi chiamato a essere testimone diretto degli eventi. Anche la disposizione scenica rompe ogni convenzione: il palco si capovolge, gli attori diventano centro e il pubblico si ritrova coinvolto in una sorta di tribunale teatrale.
Fo, con la consueta intelligenza e ironia, ci invita a riflettere sul ripetersi di certe “morti accidentali” nella storia, spesso accompagnate da giustificazioni inconsistenti.
Ma l’intento dell’autore non è puntare il dito, è piuttosto cercare, tra farsa e tragedia, un filo di comprensione. La figura del Matto diventa portavoce di un’indagine, al di fuori della legge.
Il teatro, in questo senso, si fa strumento di memoria. Non per riscrivere i fatti, ma per tornarci sopra, guardarli con occhi diversi, e impedire che si ripetano. Forse è proprio questo il compito più urgente del teatro: non fornire risposte, ma porre domande.
“Morte accidentale di un anarchico” vede in scena la regia di Antonio Latella con la drammaturgia di Federico Bellini. Intensa ed efficace l’interpretazione di Daniele Russo, Caterina Carpio, Francesco Manetti, Edoardo Sorgente, Emanuele Turetta.
Un lavoro collettivo che riesce a coniugare denuncia, impegno civile e ritmo scenico, lasciando allo spettatore la possibilità e soprattutto il dovere di riflettere.















