Influenzata da fattori culturali e sociali che promuovono determinati ruoli di genere e aspettative, la sindrome della brava bambina colpisce il mondo asiatico in cui si enfatizza l’armonia sociale, l’identità collettiva, il rispetto e l’autorità. Ma sulla lista dei paesi coinvolti in queste dinamiche appaiono anche i paesi scandinavi e soprattutto il sud dell’Europa (Spagna, Italia e Portogallo) dove ci sono culture incentrate sull’importanza della propria comunità e in cui le aspettative a essere in sintonia e compiacere la società e la famiglia sono alte. Al contrario in culture più individualiste e assertive (Canada, Europa occidentale) tendono a incoraggiare una certa affermazione della propria identità e del proprio benessere personale.
La sindrome della brava bambina si riscontra maggiormente nelle donne proprio a causa delle differenze degli stili educativi in base al genere. Questi modelli calpestano la parte più emotiva dei bambini e dall’altro lato, spingono le bambine a essere brave, compiacenti e assertive.
Tutto ha origine dal momento in cui veniamo alla luce e chi ci è attorno ci impartisce le prime lezioni e cosi plasma il nostro modo di pensare e agire, in sintesi quell’adulto che saremo a distanza di qualche anno. È infatti nel contesto familiare che tutto ciò avviene e si formano le basi per quegli schemi comportamentali che applicheremo anche nelle relazioni di adulti. L’infanzia di questi soggetti è caratterizzata da dinamiche in cui il bambino viene riconosciuto e validato solo quando porta a termine le richieste dell’adulto e non viene spinto a esprimersi liberamente. Solitamente si tratta di famiglie in cui alla base dell’educazione c’è una pressione al “produrre”, con grandi aspettative e forti giudizi verso i membri familiari.
Le brave bambine un giorno saranno brave donne in cui si riscontreranno sintomi come la paura di esprimere dissenso, la costante preoccupazione del giudizio altrui e per questo il timore di esprimere le proprie opinioni se queste possono eventualmente andare contro il pensiero generale. Inoltre tutto ciò è accompagnato da tendenza al perfezionismo, severità verso se stesse, autocritica e bassa autostima.
Il people-plaising in Italia
In Italia la famiglia svolge un ruolo fondamentale. Il nucleo familiare è quel nido in cui nasciamo e cresciamo, che ci tiene la mano durante i primi anni della nostra vita, a cui saremo per sempre riconoscenti e a cui mai e poi mai volteremmo le spalle. La lealtà e la disponibilità verso i membri che ne fanno parte è cosi forte da, talvolta, portare a calpestare i propri confini personali. Rispondere male, contraddire o dire di “no” ai propri genitori o nonni, o in generale agli estranei, potrebbe essere considerato come un gesto irrispettoso e inospitale e questo potrebbe portare ad assecondare anche richieste scomode per evitare il confronto diretto o l’espressione del dissenso.
In Italia e in Spagna esiste ancora forte il concetto di “la bella figura” ovvero la bella immagine che si deve dare di sé e della propria famiglia in ogni situazione ci si trovi. Alla base vi è l’idea che gli altri debbano recepire sempre una rappresentazione positiva della famiglia, sfuggendo cosi a giudizi e critiche.
Nei contesti lavorativi più tradizionali, “la cultura del sì” è promossa come comportamento normalmente accettato. Alle donne, in particolare, è richiesta una disponibilità professionale e personale.
L’importanza dei no nella vita. L’assertività.
Spesso si dice che è importante conservare dei no canonici dentro di noi, nella vita in generale. Dei no che ci appartengono, dei no nei confronti di cose che mai potremmo accettare, verso qualcosa che non siamo disposti a cambiare. Dire di si a un no che non avremmo mai immaginato di accettare, corrisponderebbe al tradirsi, sarebbe come dire no a noi stessi. Sarebbe come violare i nostri principi, i valori che con cui siamo cresciuti da quando siamo piccoli. Come dice Camilla Ronzullo nel suo romanzo, “… È come se fossero dogane che regolano il flusso delle nostre energie, in entrata e in uscita. Siamo noi che decidiamo chi far passare, e nel caso, quale dazio imporre“.
Alla base bisognerebbe avere la consapevolezza che sbagliare non è necessariamente qualcosa di negativo, ma solo un modo per conoscersi meglio e crescere. L’importanza del discernere il rispetto verso il contesto in cui siamo cresciuti e che ci ha amato, e i propri obiettivi e la vita che si ha intenzione di percorrere. Vivere dunque un processo di evoluzione personale a prescindere dalle radici da cui veniamo, smettendo di vivere in funzione delle aspettative e del giudizio altrui.
In un percorso di sviluppo personale, l’assertività è la chiave. Si tratta di difendere il proprio pensiero e i propri diritti in maniera rispettosa, onesta e diretta. L’assertività nasce da una forte autostima e dalla capacità di saper costruire confini sani. Dobbiamo avere il coraggio di pronunciare quei NO che tanto possono farci avanzare, che sono mal compresi, ma che solo noi sappiamo, nel fondo del nostro cuore a quanti “SI” lucenti ci porteranno.