Non è più tempo
di ostie custodite tra l’oro
mentre i corpi veri
sono calpestati nel fango.
Non è più tempo
di processioni solenni
che evitano le strade del sangue,
le piazze del dolore,
i campi profughi,
le città distrutte dai droni
e dal silenzio colpevole.
Non basta adorarti nel Pane
se non ti riconosciamo
nei corpi straziati di Gaza,
di Khartoum,
di Kiev,
nelle madri senza figli,
nei bambini senza scuole,
nella carne sfigurata della guerra.
Abbiamo fatto dell’Eucaristia
un rifugio sicuro,
mentre tu stai fuori,
tra le macerie,
a cercare casa.
Tu non sei nei vasi sacri,
ma nei corpi profanati.
Non ti nascondi dietro le formule,
ma gridi nei campi minati
e nei silenzi diplomatici che uccidono.
«Corpus Domini»:
il tuo Corpo continua a essere spezzato
non solo sull’altare,
ma nei crocifissi della storia.
Rendici pane condiviso,
frammenti erranti di misericordia,
schegge del tuo amore
nella carne viva dell’umanità ferita.
Soffia, Spirito,
sull’altare delle nostre sicurezze,
disperdici come particole
nelle periferie del mondo,
nelle trincee del cuore umano,
dove anche oggi
la Risurrezione è una sfida,
una ferita che pulsa,
una speranza che lotta.
Non ci sia pace nelle nostre chiese
finché c’è guerra nel tuo Corpo.