L’arrocco, negli scacchi, è la mossa difensiva per eccellenza: si scambiano i pezzi, si protegge il re e si rinforzano le proprie posizioni prima di lanciarsi all’attacco. Ed è ciò che sta facendo Leone XIV in queste prime fasi del suo pontificato. Sta giocando in difesa, sì, ma con uno sguardo al futuro, al progresso, allo sviluppo di una strategia che permetta di consolidare e far progredire l’eredità di Francesco, in particolare il processo sinodale che, come Bergoglio, aveva immaginato, potrebbe concretizzarsi e culminare nella grande assemblea sinodale del 2028.
La pietra angolare di questo arrocco non è altro che la squadra di fiducia che scelga per la Curia. Perché a Roma le persone sono tutto. Le strutture contano, ma operano già secondo lo stile segnato da Francesco. Papa Leone sarà giudicato soprattutto dai nomi che sceglierà per la sua squadra di fiducia curiale.
E, in questo momento, la figura chiave, l’alfiere che può dare la svolta alla partita, è il prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, Victor Manuel “Tucho” Fernández, che rappresenta il cuore ideologico e teologico del progetto riformista promosso da Francesco.
Il teologo argentino, stretto collaboratore di Francesco, ha rivoluzionato in soli due anni il dicastero più delicato, presentando documenti su benedizioni, dignità umana e temi scottanti che hanno generato tanto entusiasmo e polemiche tra i settori più fondamentalisti.
Prevost lo sa, ed è per questo che ha ricevuto il cardinale Fernández due volte nei primi dieci giorni del suo pontificato. E qualche giorno fa lo ha ricevuto per la terza volta. Secondo le nostre fonti, nelle varie udienze il cardinale argentino ha risposto affermativamente alla domanda del papa se poteva contare su di lui, e Leone XIV lo ha confermato a capo della Dottrina della Fede.
E la continuità o la sostituzione di “Tucho” darà il tono alla nuova era: se Leone XIV lo manterrà, sarà un segno inequivocabile di continuità e di tutela dell’eredità di Bergoglio; se lo sostituirà, gli ambienti più conservatori vedranno aperta la porta a una restaurazione.
E se tra qualche mese lo cambia, sarà per mandarlo alla Congregazione dei vescovi o a un’altra Congregazione vaticana di pari livello. Qualsiasi altro cambiamento significherebbe fargli pagare il “costo politico” di essere stato l’amico fedele di Francesco e della sua primavera dottrinale. Ma, per ora, rimane nella Dottrina della Fede. E con pieni poteri.
Mantenere Fernández in carica è quindi un modo per proteggere l’eredità di Francesco dai settori più conservatori che cercano di annullarne le riforme.
In questo contesto di “arrocco”, Fernández funge da pietra angolare per consolidare il fianco dottrinale, resistere alle pressioni restaurazioniste e guadagnare tempo affinché Leone XIV consolidi la propria squadra e la propria strategia. Il suo profilo di teologo dialogante e la sua vicinanza al papa precedente lo rendono uno scudo contro possibili tentativi di regressione ed un garante di una continuità essenziale.
In secondo luogo, c’è la questione del Prefetto della Vita Consacrata, suor Brambilla. La sua permanenza o la sua partenza saranno cruciali per il futuro della vita religiosa femminile e per l’attuazione delle riforme negli istituti e nelle congregazioni. Sembra che Leone XIV intenda mantenerla al suo incarico. Tuttavia, nell’ambito dell’arrocco, il pro-prefetto di questo stesso dicastero, lo spagnolo Ángel Fernández Artime, potrebbe lasciare l’incarico per un’altra congregazione.
In terzo luogo, l’elezione del prefetto del Dicastero dei vescovi (posizione di massima fiducia papale, ricoperta dallo stesso cardinale Prévost) determinerà la politica delle nomine episcopali, l’indicatore più fedele della direzione pastorale del pontificato.
Non meno importante sarà la continuità o la sostituzione dell’attuale responsabile del Clero, il cardinale coreano Lazzaro You, soprattutto in un momento in cui l’Opus Dei e altre realtà ecclesiali sono sotto i riflettori e, la gestione di questi casi, può segnare il rapporto con settori influenti della Chiesa.
Infine, la grande domanda: per quanto tempo Leone XIV manterrà il cardinale Parolin, Segretario di Stato e, il suo sostituto, Peña Parra, nei loro incarichi? Da un lato, sembra che, durante il conclave, quando Parolin si è reso conto che i suoi voti avevano raggiunto il limite, li ha immediatamente aggiunti alla candidatura di Prévost. Questo in cambio della sua permanenza alla Segreteria di Stato?
Inoltre, è chiaro che il cardinale Prevost ha dovuto sopportare (senza alcuna difesa ufficiale da parte dell’apparato) un’offensiva mediatica iniziata diversi mesi prima del conclave, in cui il «Sodalitium» e, successivamente, «Infovaticana» e le testate giornalistiche statunitensi dei MAGA lo hanno accusato di aver insabbiato abusi. Religion Digital è stata l’unica testata che lo ha difeso pubblicamente, mentre la Sala Stampa della Santa Sede, che fa capo alla Segreteria di Stato, guidata da Parolin, è rimasta completamente in silenzio.
Leone XIV, come ogni buon giocatore di scacchi, sa che l’arrocco non è una mossa di debolezza, ma di intelligenza. Rende sicuro il fianco, protegge il re e prepara il terreno per un attacco, quando sarà il momento. Ma nel frattempo, il messaggio è chiaro: mettere al sicuro ciò che si ha, perché è minacciato. E a Roma, la miglior difesa è sempre stata una buona scelta di persone. Perché, alla fine, sono i pezzi e non le strategie, a decidere la partita.