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HomeGlobal NewsL’8 per mille: un miliardo che muove coscienze, denaro e critiche

L’8 per mille: un miliardo che muove coscienze, denaro e critiche

Ti è mai capitato, compilando la dichiarazione dei redditi, di arrivare alla sezione sull’8 per mille e rimanere lì, penna in mano o cursore lampeggiante, a domandarti se firmare o lasciar perdere? Quella piccola firma – che molti ignorano o appongono quasi distrattamente – vale, ogni anno, oltre un miliardo di euro. Un miliardo reale, concreto, che prende strade molto diverse a seconda di scelte spesso fatte senza piena consapevolezza. E, come vedremo, anche in base a scelte non fatte.

L’8 per mille nasce nel 1985 con la legge n. 222, attuativa del nuovo Concordato tra Stato e Chiesa cattolica firmato l’anno precedente. L’idea era semplice: invece dei trasferimenti diretti al clero, lo Stato avrebbe permesso ai cittadini di decidere, con una firma, a chi destinare una quota dell’IRPEF. In principio era solo per la Chiesa cattolica e per lo Stato. Poi, col tempo, si sono aggiunte altre confessioni religiose riconosciute. Oggi oltre allo Stato, sono dodici. Tutte con diritto di ricevere la loro parte del “bottino fiscale”.

Chi può riceverlo? Come si sceglie? Nella dichiarazione dei redditi, i contribuenti possono scegliere tra lo Stato, la Chiesa cattolica e altre confessioni religiose con cui l’Italia ha firmato una specifica intesa. Si firma in un apposito riquadro del modello 730-1 o del Modello Redditi. In più, chi sceglie lo Stato può anche indicare a quale finalità indirizzare i fondi: la fame nel mondo, le calamità naturali, i rifugiati, i beni culturali o per l’edilizia scolastica. Una bella idea, no? Peccato che, come spesso accade, tra il dire e il fare…

Comincio col citare il grande paradosso: chi non sceglie, fa scegliere gli altri! Ed ecco il nodo più controverso. Secondo i dati più recenti, solo il 40,74% dei contribuenti italiani – cioè circa 16 milioni su oltre 41 – ha indicato a chi destinare l’8 per mille. Il restante 58,68% non ha espresso alcuna preferenza. E allora? Allora succede una cosa davvero singolare: quei fondi “senza padronevengono distribuiti in proporzione alle preferenze espresse. Tradotto: se la maggioranza relativa delle firme va alla Chiesa cattolica (ed è così che spesso succede), anche la maggioranza dei fondi non scelti finisce lì. Un meccanismo perfettamente legale, ma tutt’altro che intuitivo.

Nel 2024, su circa 1,32 miliardi di euro di 8 per mille, quasi 990 milioni sono finiti alla Chiesa cattolica, ovvero il 68,59%. Seguono lo Stato (25,62%) e la Chiesa valdese (3,04%). Le altre confessioni raccolgono le briciole. In realtà, le firme espresse in favore della Chiesa cattolica sono in calo (dal 70,37% del 2020 al 67,28% del 2022), ma restano di gran lunga la maggioranza. E dato il meccanismo di ripartizione, questo consente alla Chiesa cattolica di mantenere una quota dominante anche delle preferenze non espresse.

La Corte dei Conti, in più occasioni, ha sollevato rilievi importanti sul funzionamento e sulla trasparenza del sistema. Le sue osservazioni si articolano in tre ambiti:

  1. Rilevanza delle scelte non espresse: secondo la Corte, queste andrebbero considerate come un rifiuto implicito del sistema, e quindi le relative somme dovrebbero rientrare nel bilancio dello Stato.
  2. Scarsa trasparenza nella rendicontazione: in particolare per la Chiesa cattolica, i documenti sono spesso sintetici, ripetitivi e poco significativi dal punto di vista valutativo.
  3. Utilizzo delle risorse: solo un quarto dei fondi percepiti dalla Chiesa cattolica viene destinato ad attività caritative, mentre altre confessioni – come i Valdesi o gli Avventisti – utilizzano gran parte delle somme per progetti umanitari, culturali o di assistenza.

E lo Stato, che ci fa con i suoi fondi? Lo Stato impiega i fondi dell’8 per mille in una serie di settori di interesse pubblico: interventi per la fame nel mondo, aiuti ai rifugiati, edilizia scolastica, tutela del patrimonio culturale. Ma, anche qui, il problema non è tanto nelle finalità quanto nella mancanza di comunicazione. Pochi sanno cosa realmente viene fatto. E chi non sa, spesso non firma!

Il sistema italiano è anomalo nel panorama europeo. In Francia e Regno Unito, ad esempio, vige l’autofinanziamento. In Germania e Austria c’è una vera e propria tassa religiosa, calcolata in percentuale sul reddito e versata direttamente dallo Stato alla confessione d’appartenenza del cittadino. In Spagna si può destinare il 7 per mille, ma solo su espressa volontà. Nessuno prevede la redistribuzione automatica dei fondi non assegnati come avviene da noi.

E se fosse arrivata l’ora di riformare l’8xmille? Il dibattito c’è, ma resta spesso confinato in ambiti specialistici o accademici. Eppure le domande da porsi non mancano:

  • Ha senso che una minoranza decida per la maggioranza?
  • Perché non rendere obbligatoria la scelta?
  • O, più semplicemente, perché non lasciare allo Stato le somme non indirizzate con volontà espressa?

Sono interrogativi legittimi che toccano un punto nevralgico della nostra democrazia fiscale.

Firmare o non firmare? Beh, cominciare ad informarsi è già scegliere! Qualunque sia la tua opinione, almeno adesso sai cosa c’è dietro quell’8 per mille. E magari la prossima volta, quel riquadro dove apporre la tua firma, non lo vedrai più come un dettaglio irrilevante. Perché, in fondo, scegliere – o non scegliere – è già una forma di partecipazione.
In un sistema così complesso, la consapevolezza è il primo passo per cambiare le cose.

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Carlo Di Somma
Carlo Di Sommahttps://www.digipackline.it/
Nato a Napoli, sono un copywriter ed un professionista SEO curioso e creativo. Con la passione per l’innovazione digitale, trasformo le sfide in opportunità grazie a strategie efficaci e soluzioni innovative. Sono alla costante ricerca di nuove conoscenze e mi considero un "eterno studente".

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