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HomeGlobal NewsLa bandiera dell’Europa compie 40 anni e racconta ancora un sogno in dodici stelle

La bandiera dell’Europa compie 40 anni e racconta ancora un sogno in dodici stelle

Sarà anche solo un drappo blu con dodici stelle d’oro disposte in cerchio, ma la bandiera dell’Europa, quella che vediamo sventolare nei palazzi istituzionali, stampata sui passaporti e proiettata sulle torri simbolo delle capitali europee, è ben più di un ornamento cerimoniale. È un segno visivo di coesione, di una promessa non ancora del tutto mantenuta, ma di cui non possiamo fare a meno. E sì, nel 2025 compie quarant’anni esatti da quando è diventata il simbolo ufficiale dell’Unione Europea. Ma attenzione: quella bandiera esiste da ben prima del 1985.

La sua origine, infatti, è ben più articolata e curiosa di quanto molti credano. Fu adottata per la prima volta nel 1955 dal Consiglio d’Europa, che non va confuso con l’Unione Europea, anche se spesso i due vengono sovrapposti nell’immaginario collettivo. Il Consiglio d’Europa – che si occupa principalmente di promozione dei diritti umani, della democrazia e dello stato di diritto – decise di dotarsi di un simbolo capace di rappresentare l’unità del continente, ben prima che l’integrazione economica e politica prendesse realmente piede.

La scelta non fu né facile né rapida. Dietro le quinte si mossero araldi, artisti, funzionari e diplomatici. Tra questi, il nome di Arsène Heitz – disegnatore francese con una certa predilezione per i bozzetti circolari – si impose tra decine di proposte. Curioso pensare che, tra le opzioni, ci fosse persino una croce rossa in campo blu, scartata per ovvie ragioni di neutralità religiosa. Alla fine, il disegno che prevalse fu quello con le dodici stelle dorate in cerchio, completato dal contributo tecnico dell’araldo irlandese Gerard Slevin.

Una domanda sorge spontanea: perché proprio dodici? Non erano quindici i Paesi membri all’epoca? O magari sei, come nel Trattato di Roma del 1957? No. Le dodici stelle non rappresentano e non hanno mai rappresentato il numero degli Stati membri.

Il numero dodici fu scelto per il suo valore simbolico: la completezza, la perfezione, l’armonia. È un numero carico di significati culturali e storici. Dodici sono i mesi dell’anno, le ore sul quadrante dell’orologio, i segni zodiacali, le fatiche di Ercole e, per chi ama le simbologie religiose, anche gli apostoli. Il cerchio, invece, rimanda all’unità e alla parità tra i popoli, senza gerarchie né direzioni privilegiate. Ogni stella è identica, equidistante, perfettamente orientata: un equilibrio formale che intende ispirare un equilibrio politico, tutt’altro che scontato.

Il passaggio alla Comunità Economica Europea avviene solo trent’anni dopo. Nel 1985, a Milano, i capi di Stato e di governo decidono che la stessa bandiera sarà anche il simbolo ufficiale della CEE, con l’autorizzazione del Consiglio d’Europa. Da quel momento, la bandiera diventa a tutti gli effetti il volto dell’integrazione europea, fino a essere adottata anche dalla nuova Unione Europea nata con il Trattato di Maastricht nel 1992.

È interessante notare come questo doppio uso non abbia mai creato attriti tra le due istituzioni. Anzi, ne ha rinforzato il valore simbolico come ponte tra identità culturale e progetto politico. Una bandiera che appartiene a tutti, anche a chi ancora non è dentro l’UE.

Oggi la vediamo ovunque: fuori dagli edifici pubblici, nelle scuole, nei tribunali. È affiancata alle bandiere nazionali secondo un rigido protocollo: a destra dal punto di vista dell’osservatore. Ma è presente anche in modo meno visibile, ma altrettanto significativo: sulle targhe automobilistiche, sulle banconote in euro, sulle patenti di guida.

E poi c’è la sua dimensione simbolica, quella che non si legge nei regolamenti. Pensate all’Ucraina del 2014 o alla Georgia del 2024: milioni di persone hanno sventolato la bandiera europea non per orgoglio istituzionale, ma per aspirazione. Come a dire: vogliamo far parte di quel cerchio, di quella idea.

Quello che colpisce, oggi più che mai, è quanto questa bandiera riesca ancora a parlare. È uno dei simboli più riconosciuti al mondo, ma soprattutto uno dei pochi capaci di evocare una visione. In un’epoca in cui i confini tornano a essere strumenti di divisione e l’euroscetticismo risale, lei continua a suggerire un’altra possibilità: quella della coesione, della solidarietà, del progetto comune.

E in fondo, questa è la vera forza di una bandiera: non indicare ciò che è, ma ciò che potrebbe essere.

La bandiera europea non è solo un esercizio di grafica istituzionale è, a tutti gli effetti, una narrazione visiva dell’identità europea. Non rappresenta una realtà pienamente realizzata, ma un’utopia concreta: l’idea che popoli diversi possano cooperare senza rinunciare alla propria sovranità, che il pluralismo possa convivere con l’unità.

Forse è proprio per questo che, dopo quarant’anni, continua a resistere e ad ispirare.

Perché ogni volta che la vediamo sventolare, ci ricorda chi siamo. Ma anche – e soprattutto – chi potremmo diventare.

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