E adesso come si fa a spiegare e raccontare? Come si fa a descrivere quei momenti al telefono, allo zio oppure al cugino che vivono al nord, che non sono riusciti a partire e ti chiedono con curiosità: “dai dimmi, raccontami, cosa è successo, cosa avete fatto per strada tutta la notte?”
E come si fa a rispondere alle domande dei parenti negli Stati Uniti, dell’amico tifoso che è stato costretto a partire anni fa per lavorare in Germania, a Londra o Parigi.
Come si fa a spiegare? Come si racconta una emozione se proprio l’emozione non è una semplice sensazione oppure una normale lacrima sul viso?
Non è solo il quarto scudetto. Non è solo una coppa in più da sollevare. A Napoli, ogni trionfo è una poesia popolare, un’esplosione di sentimento che travolge vicoli, cuori e generazioni.
La città ha vinto ancora. Ma a vincere non è stato solo il Napoli calcio: ha vinto una comunità intera che da sempre vive il pallone come un atto d’amore, di identità, di resistenza. Ha vinto il bambino col pallone sgonfio nei Quartieri Spagnoli, il nonno che ancora sussurra il nome di Maradona come una preghiera, ha vinto la voce che canta “‘O surdato ‘nnammurato” dalla finestra al 90°.
Napoli non tifa: Napoli vive. Napoli si fonde col pallone. Ma ciò non significa che vive solo di calcio, vive anche di cultura e arte, di storia e sapori, di piatti unici e di creatività, di legame e di fede. Il napoletano dovrebbe e potrebbe vantarsi di tante e tante cose, dovrebbe e potrebbe valorizzare tutto ciò che lo circonda, ma poi si mostra oltre i confini per questo amore infinito, per questa passione che si distende in maniera universale.
E non si può spiegare. Perchè è così, perchè ogni scudetto è una liberazione, una festa viscerale che nessun’altra città italiana sa replicare. Non è folklore, è radice. Qui il calcio non è evasione, è appartenenza.
In questi giorni, i turisti si fermano spaesati, incantati da una città che brilla più del solito, dove i vicoli sembrano cantare, i balconi abbracciano le strade, e ogni sorriso è un pezzo di storia. Non capiscono, ma sentono. Perché Napoli si sente, non si spiega.
Passeggiano nelle strade del centro in osservazione e meditazione, nel tentativo di capire cosa accade in questa città e per questi colori, perché questo infinito coinvolgimento.
Non è semplice passione, non è amore, è qualcosa di più, energia positiva e sentimentale che entra in sintonia con altri luoghi del mondo, un filo sottile e una vibrazione che unisce, una magia difficile da spiegare, ma che si mostra a tutti in un museo a cielo aperto.
Questo scudetto non è solo una coppa alzata al cielo, ma un inno alla bellezza di crederci ancora, sempre.
Anche quando il destino sembra altrove.
Anche quando dicono che il Sud deve inseguire.
Napoli, invece, sogna, corre, segna. E vince.
Perché qui il calcio è un fatto di cuore.
Ed è con il cuore che Napoli scrive la sua storia.